Se scrivo mosso da un sentimento di ottimismo verso il futuro, è perché credo nei giovani e nel loro futuro. Non è certo la prima epoca storica in cui si vive nel buio culturale, anche se forse alcuni meccanismi che in passato si sono risollevati oggi sembrano aver raggiunto una forma irreversibile. Tuttavia, seppure l’umanità sia sempre stata propensa a cedere all’illusione dei lati oscuri del progresso, ha sempre trovato una chiave, una modalità per ribaltare le sorti e riprendere in mano la propria dignità umana.
Stiamo imparando a conoscere i nostri nemici più potenti, quelli che hanno cambiato in modo progressivo e velocissimo i nostri sistemi celebrali. È vero che chi possiede una vecchia formamentis oggi rappresenta ancora la maggioranza della popolazione mondiale, ma nel giro di pochi anni saranno tutti estinti, mentre il mondo andrà avanti nei secoli.
Nel frattempo, ci sono bambini che nascono. Bambini che vanno all’asilo, altri che frequentano le elementari e le medie. Teste pensanti, talenti, geni, semplici ignoranti. Il futuro del nostro paese si sta lentamente formando e noi non lo vediamo ancora. Uomini e donne che siedono nelle cattedre, genitori, educatori, leader del mercato: è nostro dovere fare un passo indietro e dedicare tutta la nostra energia e il nostro impegno civico e sociale per costruire i protagonisti di domani, attraverso la divulgazione di tutto ciò che è pieno di vita, in contrasto all’apatia e alla finzione di quelle illusioni negative che hanno distrutto i sogni e torturato le nostre ambizioni. Il senso di vuoto deve tornare a essere fertile, affinché si possa costruire un nuovo mondo.
Mi rivolgo a chi oggi siede nei banchi di una scuola media, nelle vesti dello studente, ad esempio: tu sei la nostra speranza. Tu arriverai alla maggiore età stanco di tutto ciò che ci ha inebriato e consumato. Tu avrai energie e voglia di cambiare le cose! Tu ti riapproprierai del termine rivoluzione! Tu insegnerai alle generazioni future cosa vuol dire amare veramente.
Vivrai una vita lontana dalla paura, perché ne avrai già sentita abbastanza, non solo tua. Vivrai lontano dalla rabbia sterile, perché a questa abbiamo dato un nome. Ti rendi conto di quanto importante sia il tuo ruolo? Non voglio addossare responsabilità a nessuno, ma purtroppo siamo in una situazione di emergenza. È come nei nuclei familiari poveri, dove i bambini sono costretti a contribuire alla famiglia. Se avessimo una situazione diversa, potrebbero vivere una vita agiata, dove i genitori si comportano come tali e i figli fanno i figli. Gli adulti di oggi non esistono più, perché vivono nel culto dei rimorsi e del rimpianto per la maggior parte, e noi che saremo o forse siamo i nuovi adulti, riusciamo a malapena a darci forza. Non giudicarli, non odiarli, hanno fatto tutto quello che hanno potuto, ma non avevano i nostri strumenti e il nostro stimolo a costruirci uno spazio che sia davvero nostro. I giovani di oggi, quelli un po’ più grandi, invece sono persi: senza certezze come una famiglia o una fede spirituale. Persi nel culto del sesso senza aver mai conosciuto l’amore. Quando i pilastri crollano, ci rendiamo conto che dobbiamo dare un senso alle cose adesso. Non parlo per sentito dire… Mi sono persino iscritto all’università a quasi 30 anni per toccare con mano la cosa. Per combattere sul fronte con la loro stessa casacca. Ho personalmente chiesto ai giovani di oggi le domande che volevo porre loro, e ogni volta che metto in dubbio il loro mondo in modo provocatorio, mi sento dire: “hai ragione”.
Come ho ragione? Vi siete già arresi? Studiate in massa psicologia e non andate mai da uno psicologo! Sognate di diventare manager di una multinazionale senza mai essere clienti? Dove sono finiti i vostri sogni? Ecco perché sono costretto a chiedere aiuto a chi è poco più che un bambino, nella speranza che chi è già entrato nella società e nel mercato abbia il coraggio di fare qualcosa per il prossimo, non solo per se stesso, con le sue teorie ridicole sulla mentalità da avere per essere vincenti.
Cari ragazzi delle scuole medie e elementari… Siamo nelle vostre mani. I vostri figli vivranno in un mondo giusto, in un mondo reale, solo che dovrete pazientare ancora un po’, stiamo arrivando… Ci serve solo qualche altra settimana, mese, anno per cambiare noi stessi e darvi tutto quello che abbiamo. La buona notizia è che stiamo riuscendoci! Lo so, perché non abbiamo più paura di essere ottimisti o almeno ci stiamo provando nonostante il dolore enorme che sentiamo dentro. Abbiate ancora un po’ di fiducia, vi prego. Non svendete la vostra dignità appresso a cose che non vi riguardano. Piuttosto umiliatevi se necessario per capire quali sono le vostre vere domande!
Cari ragazzi… Scusateci se vi abbiamo tolto il diritto della novità perché abbiamo perso la capacità di stupirci. Io personalmente, dovessi fingere un’intera vita, non mi nasconderò dietro le menzogne e forse vi racconterò le verità più debilitanti dell’esistenza ma non dimenticherò mai di lasciare, per voi, una luce da seguire in fondo al tunnel, confidando che facciate lo stesso. Perché magari non ne usciremo mai, ma non possiamo lasciare che i nostri fratelli, i nostri figli e i nostri nipoti muoiano al freddo senza la speranza che prima o poi, qualcuno di loro possa godere del diritto di danzare gloriosamente di gioia sotto la luce del sole, per più o meno tutta la sua vita.
Caro Filippo, innanzitutto un augurio per il Nuovo Anno! Ridimensionare non si tratta di bocciare ma,probabilmente,di inquadrare meglio; l’imperativo “largo ai giovani” è sempre stata una sorta di cassa di risonanza utilizzata qua e la, socialmente e culturalmente; tenendo conto di ciò, negli ultimi anni ’60 e successivi ’70, i giovani erano agguerriti sostenitori del “mondo migliore”, e lo dicevano persino nelle canzoni: sennonché, quei giovani sono diventati oggi quei “matusa” che erano oggetto di critiche sotto molti aspetti – anche a ragione! – da essi, e le azioni di “quei fu ragazzi” sono la copia (a volte anche peggio riuscita) di padri e madri. La qualità forse si può indicare, non ha un’età, “e la speranza è ormai un’ abitudine” – come dice un cantautore…
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